Complesso monumentale di Santa Chiara

Indirizzo: via Santa Chiara, 49 – via Benedetto Croce
Metro linea 1 – stazione Dante

Orari di apertura al pubblico:

Complesso monumentale: lunedì-sabato, 9,30-17,30; domenica, 10,00-14,30
Basilica: tutti i giorni, 7,30-13,00/16,30-20,00

L’antica Chiesa di Santa Chiara, risalente al Trecento, faceva parte in origine di una cittadella monumentale che comprendeva il campanile, il monastero delle Clarisse, un convento dei Francescani e un chiostro maiolicato.

Di stile tipicamente gotico, la costruzione di quella che ufficialmente aveva il nome di “Ostia Santa” o “Corpo di Cristo”, ma che subito i napoletani ribattezzarono “Santa Chiara” fu voluta da re Roberto d’Angiò e sua moglie Sancia di Maiorca non solo per fervore religioso ma anche per avere un luogo in cui ospitare le spoglie dei defunti della dinastia.

La sua edificazione iniziò nel 1310 per terminare trent’anni dopo, e la sua consacrazione avvenne nel 1340.

Di aspetto severamente gotico, come rimarcato anche dalla presenza di trifore e bifore, con la facciata in tufo giallo, tetto di piombo e capriate sporgenti, che conferivano austerità all’edificio, fu progettata a navata unica, con diciotto cappelle laterali, sobria nella parte ornamentale ma affatto modesta, abbellita com’era anche con affreschi di Giotto.

Questa, l’antica chiesa che, negli anni a seguire andò sempre più arricchendosi dal punto di vista artistico.

Verso la metà del Settecento, tuttavia, la chiesa subì una radicale trasformazione sotto la dinastia borbonica.

In piena epoca barocca, in cui lo stile gotico veniva giudicato superato e troppo mesto, si pensò di ammodernarla e, nel 1742, furono avviati i lavori su progetto di Ferdinando Sanfelice e disegni di Domenico Antonio Vaccaro.

Il monumento cambiò letteralmente aspetto.

Gli archi delle cappelle laterali furono rivestiti di marmi policromi e ulteriormente arricchiti da elementi in ottone dorato; Ferdinando Fuga disegnò la pavimentazione in marmi che andò a sostituire la vecchia; affreschi di Giuseppe Bonito, Sebastiano Conca e Francesco De Mura arricchirono la zona sottostante il tetto mentre, eliminato un finestrone, si provvide ad abbellirlo con la tela Santa Chiara nella gloria eucaristica di De Mura.

Anche il chiostro fu sottoposto a lavori di rifacimento e impreziosito con maioliche raffiguranti i dintorni di Napoli eseguiti a spese della regina Maria Amalia di Sassonia, moglie di re Carlo di Borbone. Questa la nuova, ricca veste della chiesa che, in un sotterraneo, andò ad ospitare le spoglie di sovrani e principi di casa Borbone.

Poi, il 4 agosto 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale, un bombardamento sulla città di Napoli distrusse anche l’antico monumento, lasciando in piedi solo parti delle antiche strutture di epoca angioina. Essendo state quasi totalmente cancellate le sovrastrutture barocche, si pensò di ripristinare almeno l’aspetto gotico del quale rimanevano non totalmente integre, ma quanto meno recuperabili, alcune strutture trecentesche: il pronao, la facciata, il portale, le mura perimetrali e quelle del coro. In effetti, quella che si può ammirare oggi è la stessa chiesa che, all’epoca, videro re Roberto e la regina Sancia.

Il 4 agosto 1953 si festeggiò la riconsacrazione della chiesa.

Il complesso monumentale odierno è costituito dalla basilica, dal campanile – costruito su tre livelli al cui tetto si accede tramite una scala a chiocciola – dal meraviglioso chiostro maiolicato, dal museo – che ospita le opere portate in salvo dopo il bombardamento e che consta di diverse sale: Archeologia, Storia, Reliquie, Marmi, oltre a un magnifico presepe napoletano di epoca sette-ottocentesca – una ricchissima biblioteca, un book-shop e una caffetteria.

L’interno dell’attuale chiesa presenta un’unica navata con dieci cappelle per lato. Poiché risulta impossibile descrivere in maniera esaustiva le molteplici e preziose opere d’arte qui custodite, ci soffermeremo su alcune.

Le venti cappelle custodiscono i sepolcri monumentali tre-seicenteschi di nobili famiglie napoletane, laddove nella zona presbiteriale, sulla parte di fondo vi è il sepolcro di Roberto d’Angiò, opera dei fratelli Bertini. Ai lati, la tomba di Maria Durazzo, a sinistra, e del primogenito Carlo d’Angiò, a destra.

Di fronte è il trecentesco altare maggiore con crocifisso ligneo di stessa epoca così come, sulla parte destra del presbiterio, il sepolcro di Maria di Valois, attribuito a Tino di Camaino.

La prima cappella di sinistra ospita le spoglie di Salvo d’Acquisto, il vicebrigadiere eroe che sacrificò la sua vita per salvare un gruppo di civili dalla furia nazista.

A santa Chiara d’Assisi è dedicata la sesta cappella di destra che custodisce un affresco per mano di ignoto raffigurante Santa Chiara con devoti e la tela settecentesca, opera di Pietro Bardellino, Morte di Santa Chiara.

La decima cappella a destra, unica ad aver conservato la struttura barocca insieme a quella di San Francesco d’Assisi, è la cappella dei Borbone dove riposano le spoglie dei sovrani, da Ferdinando I a Francesco II, oltre a Maria Cristina di Savoia e Filippo di Borbone.