San Gregorio Armeno – La via dei presepi

San Gregorio Armeno – La via dei presepi

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Quando si pensa a via San Gregorio Armeno immediatamente si associa il nome a una strada, a una chiesa, a un monastero, a un chiostro. Ma per i napoletani, questa antica e stretta stradina è “o’ vico de’ pasture”, la strada dei presepi. Qui è Natale tutto l’anno nelle botteghe degli artigiani che, da secoli, creano i pastori che andranno a decorare, arricchire, impreziosire i presepi di tante case, non solo quelle napoletane. Sì, perché la notorietà di questa viuzza ha ormai da tempo superato i confini nazionali, rendendola celebre in tutto il mondo per il suo carattere unico, originale, fuori dal tempo.

Nella Neapolis greco-romana quella che oggi conosciamo come via San Gregorio Armeno costituiva il “cardine” maggiore, ovvero la strada che congiungeva l’agorà (oggi identificata con piazza San Gaetano, che sorge proprio al termine di via San Gregorio) con il Decumano Inferiore. Siamo nel cuore antico e pulsante di Napoli, lì dove i vicoli si intersecano e si intrecciano ad angolo retto seguendo lo schema a scacchiera ideato dall’architetto greco Ippodamo da Mileto e poi esportato nelle colonie della Magna Grecia.

Nel corso del XV secolo, la stradina prese il nome di plaetia nostriana, “strada Nostriana”, dal nome dell’allora vescovo di Napoli, Nostriano che qui fece costruire il primo ospedale per gli ammalati indigenti. Fu solo più tardi che iniziò ad essere identificata con il nome del vescovo di Armenia al quale, dal 1205, era stata dedicata una chiesetta fondata da un gruppo di monache basiliane.

Originariamente, la via ospitava un tempio romano dedicato a Cerere, dea della terra e della fertilità, a cui i cittadini erano soliti donare statuette di terracotta come buon auspicio. Il culto alla dea è ricordato da un prezioso bassorilievo posto quasi a livello strada, raffigurante una Canefora della greca Demetra o, appunto, della romana Cerere risalente al VII secolo.

L’origine del complesso monumentale dedicato al santo armeno è controversa: secondo la leggenda, fu edificato nel 930, nel luogo in cui sorgeva una chiesa fatta innalzare da Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, proprio sulle rovine del tempio di Cerere. La storia però narra che intorno al X secolo, le reliquie di San Gregorio, patriarca di Armenia, vennero portate a Napoli da alcune monache, e conservate nella Chiesa sorta proprio sulla strada che prende il suo nome.

La strada viene chiamata dai napoletani anche con il nome di via San Liguoro, ma ci si riferisce in realtà alla stessa persona, poiché Liguoro è il termine del napoletano arcaico per San Gregorio.

Ma chi era San Gregorio d’Armenia? Noto anche con l’appellativo di “Illuminatore”, nel 311 salvò la vita al re di Armenia, gravemente ammalato e venne nominato primo vescovo del primo Paese cristiano al mondo. Quando l’Armenia viene conquistata dagli Arabi, le reliquie del santo iniziarono un lungo viaggio in direzione Bisanzio, l’odierna Istanbul. Nel corso dell’VIII secolo, proprio a Bisanzio, l’imperatore Leone III vietò ogni forma di culto per le immagini sacre di Cristo, di Maria e dei santi ordinandone la distruzione. Molti cristiani rifiutano di sottomettersi al movimento iconoclasta e scapparono per mare e terra cercando rifugio altrove. Alcune monache basiliane decisero, pertanto, di fuggire da quella terra verso luoghi più lontani e sicuri portando con loro le reliquie di San Gregorio e, giunte a Napoli, fondando il monastero a lui intitolato.

Questo per quanto riguarda l’origine del monastero che, caratteristico e maestoso, si erge lungo la stradina. Ma perché via San Gregorio Armeno è diventata, nel tempo, la “strada dei presepi”? Per spiegarlo dobbiamo ritornare alla dea Cerere e al suo culto. La presenza dei primi maestri artigiani in questa stradina risale proprio al culto della dea alla quale il popolo era solito offrire, in ringraziamento, delle piccole statuine di terracotta che venivano fabbricate direttamente lì, nelle botteghe della zona. Le botteghe di quest’antica via erano riconosciute come tra le migliori di Napoli e, con la diffusione della rappresentazione della Natività a partire dal XIII secolo, gli artigiani napoletani furono incaricati di realizzare scene religiose che andassero ad arricchire e impreziosire non solo le chiese ma anche le case dei nobili. Via San Gregorio era, tra l’altro, il centro, oltre che dell’arte sacra in legno e cartapesta, di quell’artigianato delle figurine in creta il cui ricordo toponomastico è conservato da un vicoletto posto tra il Decumano Inferiore e piazza Grande Archivio, che porta il significativo nome di “via dei Figurari”.

La nascita del vero e proprio presepe napoletano è molto più tarda e risale alla fine del Settecento, quando i pastori vengono costruiti in terracotta policroma e legno, delle vere opere d’arte dipinte a mano e abbigliate con abiti confezionati su misura. Tuttavia, non è difficile pensare che storia, mito e tradizione si siano in un certo senso fusi nel passaggio dal vecchio al nuovo culto religioso cosicché gli artigiani sono probabilmente, nel corso dei secoli, passati dalla fabbricazione delle statuine a quella dei pastori. Questa potrebbe essere una spiegazione. Sta di fatto che questa stretta stradina percorsa ogni anno da migliaia di turisti, lungo la quale si susseguono, l’una attaccata all’altra, decine di botteghe che durante tutto l’anno lavorano sapientemente alla produzione dei pastori e, più in generale, all’arte presepiale napoletana, porta avanti questa secolare tradizione costituendo uno dei simboli più forti e amati di Napoli.

Immergendosi lungo via San Gregorio Armeno sembra davvero di entrare a far parte di una “commedia napoletana” in cui ogni visitatore acquisisce parte dell’identità e dell’essenza di Napoli. E se durante il periodo natalizio è possibile trovare le più varie, colorate, originali o preziose esposizioni di statue, tradizionali o più contemporanee, una passeggiata durante il resto dell’anno permette al visitatore di ammirare con calma i maestri artigiani al lavoro.

I presepi di San Gregorio Armeno sono famosi per essere i più ricchi, vasti, particolari e decorati del mondo, un connubio tra il sacro e profano, statuette come caricature che mostrano la fantasia e creatività degli artigiani. Da molti anni, infatti, vi è la consuetudine di ricreare personaggi famosi della televisione, dello spettacolo, della politica, del calcio, così come figure tipiche dell’arte e della cultura partenopea: tra una casetta in sughero, un mucchietto di muschio, una Natività, ecco che compaiono pastori “sui generis” raffiguranti questo o quel personaggio salito alla ribalta della cronaca, la cui icona spesso ne esagera e ne accentua i particolari che lo ha reso famoso, nel bene o nel male.

Nella creazione di queste statuette, delle vere e proprie caricature, si ritrova tutta l’ironia e la fantasia dei napoletani: ironia che emerge proprio dalla creazione di queste statuette, irriverenti nel loro essere posti accanto a un Gesù Bambino, a un San Giuseppe, a una Madonna, ironia che emblematicamente descrive con sagacia l’attualità italiana e internazionale.

A parte questa incursione nel contemporaneo, le botteghe dei maestri fanno ovunque mostra dei capolavori dell’arte presepiale napoletana: rigorosamente e tradizionalmente fatti a mano e in terracotta, frutto del lavoro di famiglie artigiane che si tramandano il mestiere da intere generazioni come dicevamo, i pastori non riproducono solo la fisionomia dei vari e numerosi personaggi ma ne disvelano l’anima, dipinti ad arte in ogni minimo dettaglio e con stoffe più o meno preziose cucite a mano e su misura.

Come detto questa caratteristica via e le sue botteghe possono essere visitate durante tutto l’anno: molti negozi, infatti, sono sempre aperti e lasciano in mostra i loro manufatti, sebbene in numero ridotto rispetto al periodo natalizio, offrendo così la possibilità al visitatore di osservare gli artigiani al lavoro con maggior calma, cosa difficile nei giorni di Natale, durante i quali il grande afflusso dei turisti rende la strada affollatissima.