Indirizzo: piazza del Gesù Nuovo, 2
Metro linea 1 – stazione piazza Dante
Orari di apertura al pubblico: 7,00-13,00/16,00-20,00
Tra le più imponenti chiese napoletane, fu costruita tra il 1584 e il 1601 al posto del palazzo rinascimentale appartenuto ai nobili Sanseverino, poi costretti all’esilio quando l’erede di Roberto Sanseverino, Antonello, entrato in contrasto con la corte aragonese organizzò una rivolta contro il re Ferdinando I d’Aragona.
Questi, scoperta la congiura ordita contro di lui, soffocò la stessa nel sangue costringendo il nobile casato alla fuga. Confiscati i beni della famiglia, la proprietà venne venduta alla Compagnia di Gesù che vi fecero costruire la chiesa, dedicata alla Madonna Immacolata e chiamata “del Gesù Nuovo” per distinguerla da una preesistente chiesa, ubicata alla fine di via Paladino, e ribattezzata, dopo la consacrazione del nuovo luogo di culto, “del Gesù Vecchio”.
L’esterno si presenta sobrio, dalla caratteristica facciata in bugnato a punta di diamante. La lavorazione delle bugne si deve principalmente all’arte secolare dei “Maestri pipernieri” campani, abili esperti della sagomatura della pietra del “Piperno” durissima da intagliare e scolpire. Con l’utilizzo di questo elemento molto ricercato e indistruttibile, giá impiegato in tarda epoca romana, si costruiva principalmente la pavimentazione delle strade, e anche in Campania, questa pietra era entrata di merito nel quotidiano, sostituendo (in parte) la bella pietra gialla di Tufo dall’anima morbida e dolce.
Nel Rinascimento questi “Maste ‘e prete” erano delle figure professionali molto ricercate che sapevano caricare di energia “positiva” le pietre del Piperno.
Un usanza scaramantica molto in voga era quella che riguardava le fondamenta di un palazzo; per augurare la buona sorte alla famiglia proprietaria, si adoperava cementare la “bolla” (evocazione di un cartiglio magico) insieme ad alcune “monete” dell’epoca ( allusione all’obolo per i morti) come riportano alcuni rituali pagani di origine greca, per ingraziarsi i favori degli Dei e dell’oltretomba.
Secondo un rituale esoterico, per attirare l’energia positiva e scacciare gli influssi negativi da una dimora, bisognava collocare le bugne con le punte di diamante rivolte all’interno dell’edificio; perché allora sulla facciata del Gesù Nuovo, il bugnato è predisposto all’incontrario, attirando così la mala sorte? Frutto dell’ignoranza dei Maestri Pipernieri? Non di certo visto che erano profondi conoscitori dell’alchimia e dell’esoterismo; una leggenda spiega vi fu il sentore di un complotto: i maestri pipernieri furono corrotti dai nemici del Principe Sanseverino, intenzionati a vendicarsi sulla sua famiglia e sulle sue ricchezze.
Altra curiosità legata al particolare bugnato della chiesa del Gesù è la recente scoperta dell’esistenza di note musicali incise su alcune pietre del bugnato. Grazie agli studi dello storico dell’arte, Vincenzo De Pasquale grande estimatore del rinascimento napoletano e musicofilo, si è riusciti a decifrare l’enigma dei simboli occulti presenti sulle bugne; si tratterebbe di uno spartito musicale scritto in lettere aramaiche da leggere al contrario: partendo dal basso verso l’alto, da destra verso sinistra.
Venne così alla luce un capolavoro mai udito: le prime note musicali di una suggestiva composizione intitlata “Enigma” la partitura di un concerto per strumenti a plettro della durata di tre quarti d’ora circa. Un pentagramma evocativo.
Ancora oggi gli studi degli affascinanti simboli, oggi note musicali, proseguono …una leggenda narra che possa trattarsi dello spartito dell’opera “Herr Jesu Christ, dich zu uns wend, BWV 655” di Johann Sebastian Bach, che fu a Napoli anche in veste di massone.
L’esterno, sobrio, dalla caratteristica facciata in bugnato a punta di diamante – tecnica architettonica tanto semplice quanto rara, di chiara impronta rinascimentale – contrasta con l’interno riccamente decorato, tipicamente barocco, ricco di marmi policromi che ricoprono interamente il pavimento, le colonne e gli altari.
L’interno cattura immediatamente lo sguardo del visitatore con i suoi meravigliosi affreschi, opera di importanti artisti, napoletani e non, avendo quasi tutti i più importanti scultori e pittori attivi in città lasciato la loro impronta caratteristica: Giovanni Lanfranco, Cosimo Fanzago, Luca Giordano, Francesco Solimena, Belisario Corenzio, Massimo Stanzione, Aniello Falcone, Jusepe De Ribera, solo per citarne alcuni.
Varcata la soglia della chiesa non si può non notare, sulla controfacciata, l’affresco dai brillanti toni cromatici, opera di Francesco Solimena, La cacciata di Eliodoro dal Tempio, mentre nei peducci della cupola si può ammirare I quattro Evangelisti di Emiliano Lanfranco e, ancora, affreschi di Belisario Corenzio.
Nel cappellone dedicato a San Francesco Saverio, spiccano le sculture di Cosimo Fanzago tra le quali, nel cappellone di Sant’Ignazio, quelle di Davide e Geremia. Jusepe de Ribeira, detto lo Spagnoletto, si dedicò invece alle tele dell’altare con immagini della vita di Sant’Ignazio. Sulla parete di fondo all’altare maggiore, una grande nicchia ospita la maestosa statua dell’Immacolata in marmo bianco, adagiata su un grande globo blu in lapislazzuli. Ai lati della statua, i due rilievi marmorei raffiguranti Sant’Ignazio di Loyola (fondatore della Compagnia di Gesù) e San Francesco Saverio (anch’egli sacerdote gesuita).
Sulle pareti absidali un ciclo di affreschi di Massimo Stanzione e raffiguranti scene di vita della Vergine Maria. Numerosi altri dipinti e sculture decorano la navata centrale tanto quanto le cappelle laterali: quella dei Santi Martiri conserva una pala d’altare raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Martiri e affreschi di Belisario Corenzio; quella della Natività è decorata con immagini dello stesso artista e poi il gruppo di undici statue, tra le quali spicca San Matteo e l’Angelo di Pietro Bernini. Da segnalare, in questa miniera di ori e stucchi, la penultima cappella della navata di sinistra dedicata a San Ciro, la cui tomba, risalente al IV secolo, si trova sotto l’altare.
La pianta è a croce greca con braccio longitudinale e dieci cappelle laterali.
Tra queste, la Cappella della Visitazione ospita il reliquiario contenente i resti di Giuseppe Moscati, il “medico dei poveri” beatificato e canonizzato nel 1987 da papa Giovanni Paolo II e verso il quale i napoletani nutrono una particolare devozione.
Al medico è dedicata anche una sala interna che replica gli ambienti in cui il medico svolgeva il suo lavoro, ricca di ex-voto offerti dai fedeli per grazia ricevuta.