La guglia di San Domenico

Indirizzo: piazza San Domenico Maggiore

Metro linea 1 – stazione piazza Dante

Nella suggestiva piazza San Domenico Maggiore, voluta dal re aragonese Alfonso I di Napoli, e che rappresenta il limite orientale delle mura greche dell’antica Neapolis, svetta la guglia, alta circa 26 metri e divisa in tre ordini, dedicata all’omonimo santo eretta come ringraziamento per la cessazione della terribile peste che aveva flagellato la città nel 1656. Progettata dall’architetto napoletano Francesco Antonio Picchiatti nel 1658, la costruzione poté dirsi completata solo nel 1737, con l’intervento di Domenico Antonio Vaccaro cui si deve probabilmente anche la statua in bronzo del santo alla sommità dell’obelisco.

La realizzazione del monumento, dalla storia piuttosto travagliata, fu inizialmente affidata allo scultore bergamasco Cosimo Fanzago, impegnato al contempo anche nella costruzione della guglia di San Gennaro, situata in piazza Riario Sforza, e alla statua di San Gaetano, sita nell’omonima piazza ma, considerata la lentezza con cui procedevano i lavori, si decise di consegnare l’opera alle mani del Picchiatti. Il monumento, ricco di elementi decorativi espressi in forma barocche, con base in marmo e bardiglio, e costruito su tre ordini, è circondato dall’abside poligonale della Chiesa di San Domenico Maggiore, dalla scalinata della Chiesa di Sant’Angelo a Morfisa, ancor più antica, e da un insieme di palazzi nobiliari, Palazzo Casacalenda, Palazzo Petrucci del Balzo, Palazzo Corigliano.

Del Fanzago resta praticamente il basamento, mentre gli elementi marmorei che lo adornano sono opera di Lorenzo Vaccaro, che nel tempo sostituì il Picchiatti. Tuttavia, per ammirare l’opera finita si dovette, comunque, attendere l’intervento decisivo di Domenico Antonio Vaccaro, succeduto al padre Lorenzo il quale non solo provvedette ad apporre gli elementi decorativi progettati precedentemente dal Fanzago e mai collocati sull’obelisco, ma anche a una rivisitazione completa dell’opera.

Nel primo ordine compaiono due iscrizioni e due busti raffiguranti la sirena Parthenope, entrambi posti su grosse volute, realizzate dal Fanzago.

Nel secondo ordine, Domenico Antonio Vaccaro provvedette a sistemare gli stemmi della città di Napoli, quelli dell’Ordine dei Domenicani, dei re di Spagna e dei viceré d’Aragona.

Ma è nel terzo ordine che si ammira tutto il lavoro di rivisitazione e ricollocazione decorativa da parte di Domenico Antonio, il quale provvide all’inserimento dei busti di quattro santi domenicani, inseriti nei quattro medaglioni collocati sulle facciate: Sant’Agnese, San Pio V, Santa Margherita e San Vincenzo Ferreri.

Nella parte superiore vennero invece inserite le effigi di San Giacinto, San Pietro Martire, San Ludovico e San Raimondo e, ancora più in alto, ulteriori medaglioni raffiguranti Santa Rosa da Lima, San Tommaso d’Aquino, Sant’Antonio e Santa Caterina.