Palazzo Petrucci del Balzo

Indirizzo: piazza San Domenico Maggiore, 3

Metro: linea 1, stazione piazza Dante-stazione Toledo

Insieme alla scalinata antistante la Chiesa di San Michele Arcangelo a Morfisa e a Palazzo Corigliano che sorge di fronte, Palazzo Petrucci delimita il lato sud-occidentale di piazza San Domenico Maggiore, su cui insiste l’omonima chiesa, mentre sul lato sud-orientale dominano i Palazzi Venezia, Carafa della Spina e Filomarino.

Appartenuto originariamente alla famiglia dei del Balzo che lo edificò agli inizi del XIV secolo, passò poi ad Antonello Petrucci, illustre rappresentante dell’omonima famiglia, protonotaro del Regno con il re Ferdinando d’Aragona, il quale, dopo aver ricoperto diverse alte cariche e diventato segretario del re Ferrante I, acquisì il titolo di barone e altri privilegi, salvo poi essere accusato di tradimento dopo il suo coinvolgimento nella famosa Congiura dei Baroni (1487), insorta proprio contro gli Aragonesi.

A tal proposito, leggenda vuole che tra le antica mura del palazzo di notte si aggirino ancora i fantasmi del Petrucci e degli altri baroni decapitati a Castel Nuovo il 15 maggio 1487, le cui teste si vogliono lì sepolte.

Condannato a morte, la famiglia di Antonello fu costretta a vendere la proprietà che passò ai d’Aquino dei principi di Castiglione che lo tennero fino al 1688, quando poi l’edificio fu venduto ai governatori del Banco del Santissimo Salvatore, uno degli otto banchi pubblici napoletani, fondato nel 1640.

Sebbene i d’Aquino apportarono modifiche all’architettura e così fecero i governatori, modificandone del tutto la struttura gotica delle porte e delle finestre, resta ancora oggi il bellissimo portale marmoreo di epoca aragonese, opera di Angelo Aniello Fiore, e il cui elemento di spicco è l’architrave, decorata da foglie di quercia e di acanto che si intrecciano, e poi le logge e l’arco ribassato dell’atrio che conservano stilemi catalani.

Divenuto proprietà del Banco del Santissimo Salvatore nel XVII secolo il palazzo fu quindi sottoposto a radicali lavori di ammodernamento secondo l’allora gusto barocco per poi acquisire quello neoclassico, che ancora oggi si ammira sulla facciata principale, ad opera dell’architetto Giuseppe Califano nel XIX secolo. Difatti, Palazzo Petrucci, dal Banco passò poi allo Stato che vi istituì la Gran Corte dei Conti, e poi nel 1829, venne acquistato da un privato, il medico Galbiati, che vi apportò ulteriori modifiche affidandole proprio alle mani di Califano, il quale lasciò inalterato solo il portale d’ingresso.