Palazzo Casacalenda

Indirizzo: piazza San Domenico Maggiore, 17

Metro: linea 1, stazione piazza Dante-stazione Toledo

Questo antico palazzo napoletano deve il suo nome alla duchessa di Casacalenda e di Campolieto, Marianna di Sangro la quale, venuta in possesso della proprietà, voleva ristrutturare l’antico edificio settecentesco senzapertanto perderne le originali fattezze architettoniche, come lo scalone monumentale interno, opera di Cosimo Fanzago. I lavori di rifacimento vennero affidati a Mario Gioffredo, architetto napoletano tra i più illustri del tempo. Tuttavia, contrariamente alla volontà della contessa, Gioffredo alterò fortemente le caratteristiche architettoniche originarie demolendo anche la bellissima scala di Fanzago.

A seguito della controversia che ne conseguì, Marianna decise di non retribuire il lavoro e l’opera di rifacimento dell’edificio si interruppe fino a quando non intervenne Luigi Vanvitelli, il quale, a conforto dello scontento della contessa, riscontrò nell’opera difetti strutturali per cui decise di intervenire, nel 1766, cominciando i lavori del cortile, luogo a cui il Vanvitelli si dedicò maggiormente.

Qui fu costruito un portico con quattro archi sorretti da otto colonne in piperno, e una maestosa scala aperta; Vanvitelli apportò anche ritocchi di finitura alle balconate e alle lesene della facciata.

Questa è in stile dorico con basamento in piperno in cui si aprono due portali inquadrati da colonne doriche in marmo bianco, e caratterizzata da finestre con timpani alternati, curvi e triangolari.

I Casacalenda soggiornarono nel palazzo fino al 1831, quando la proprietà passò alla famiglia del Balzo, antica famiglia originaria della Provenza.

Nel 1922, a seguito delle opere per il Risanamento di Napoli – ovvero quel grande intervento urbanistico che cambiò radicalmente l’assetto di molti quartieri cittadini, fortemente voluto a causa di una violenta epidemia di colera verificatasi anni prima – il palazzo perse una campata per permettere l’allargamento di via Mezzocannone e, in tale occasione, alcuni degli affreschi contenuti nella galleria del secondo piano nobile, tre dei quali raffiguranti il Sogno di Alessandro, opera di Fedele Fischetti, furono staccati e conservati al Museo di Capodimonte.