Chiesa di Santa Marta

Chiesa di Santa Marta

Indirizzo: via San Sebastiano, 41
Metro linea 1 – stazione piazza Dante-stazione Toledo
Orari di apertura al pubblico: aperta tutti i giorni fino alle 18,30

Questa piccola chiesa, posta tra via Benedetto Croce e via San Sebastiano, fu costruita verso la fine del Trecento – come testimonia la facciata con monofore gotiche e un arco ribassato di stile catalano – per volere di Margherita d’Angiò Durazzo, regina consorte di Napoli dal 1382, regina consorte d’Ungheria dal 1385 e moglie di Carlo III d’Angiò re di Napoli la quale, rimasta vedova, fu costretta a difendere da sola la corona spettante per eredità al figlio Ladislao ancora minorenne. Religiosissima, come ringraziamento per l’ottenimento del Regno dopo anni di lotte, Margherita volle edificare un tempio dedicandolo a Santa Marta, sorella di Lazzaro, molto venerata in Provenza, terra d’origine della regina.

La chiesa fu inizialmente gestita dalla Confraternita dei Disciplinati di Santa Marta, di cui facevano parte tutti i viceré e i nobili, alla quale si deve il cosiddetto Codice di Santa Marta, una raccolta di stemmi di re, regine e nobili, importantissima testimonianza storica del succedersi delle dinastie e delle case regnanti su Napoli capitale, dagli ultimi sovrani angioini a quelli aragonesi, dai viceré spagnoli ai rappresentanti delle principali famiglie del Regno. Il codice rappresenta anche una preziosa fonte per lo studio dell’arte della miniatura che, partendo da Montecassino, fu tramandata nel tempo a Roma, Firenze e Siena, per giungere poi a Napoli, dove fu fortemente influenzata dalla cultura toscana.
Il Codice è ora conservato all’Archivio di Stato, ubicato nell’edificio dedicato ai santi Severino e Sossio.

Quanto alla chiesa, un primo intervento di restauro si ebbe nel 1646; altri lavori si resero necessari, per volere del vescovo Ascanio Filomarino a seguito di un incendio avvenuto durante la rivolta popolare di Masaniello. La chiesa venne così impreziosita da ulteriori opere d’arte e si provvide anche alla realizzazione della cupola e all’innalzamento del soffitto. In questa occasione la chiesa fu affidata alla Confraternita di Santa Marta per poi passare, nel 1817, all’Arciconfraternita della Natività della Vergine. Durante questo periodo ulteriori restauri cancellarono le precedenti decorazioni barocche.

L’interno si presenta a navata unica rettangolare con volta a botte e cupola all’altezza del presbiterio, di forma quadrata.

Se le decorazioni della volta risalgono ai rifacimenti ottocenteschi, il pavimento maiolicato risale al Sei-Settecento mentre la cupola, restaurata nello stesso periodo, presenta decorazioni ottocentesche ma anche, nei peducci, tracce seicentesche come testimoniano le figure di quattro profeti.

Tra le opere qui custodite, una tela attribuita a Luca Giordano raffigurante San Luca, l’affresco di Santa Marta posto sull’altare, iniziato da Andrea Vaccaro e terminato dal figlio Nicola nel 1670, la Vergine con Sant’Antonio, della scuola di Massimo Stanzione, così come il Calvario. Ancora, la Vergine con San Giuseppe e San Gennaro, di Giovan Battista Lama, la Nascita della Vergine, opera di Salvatore Giusti, e il piccolo quadro con la Vergine e il Bambino, di Pacecco De Rosa.

Nell’ipogeo la storia si fa testimonianza concreta della rivolta napoletana del 1647, come ricordata dal filosofo Benedetto Croce, molto legato alla Chiesa di Santa Marta, e dallo storico Carlo Celano.

Nell’edificio, infatti, nel 1647, si rifugiarono i napoletani sostenitori di Masaniello, il famoso capopopolo che guidò i concittadini nell’insurrezione contro il governo vicereale spagnolo che aveva imposto esosi balzelli sulla frutta.

I rivoltosi fecero della chiesa la loro roccaforte, tanto che gli Spagnoli furono costretti a salire sul campanile di Santa Chiara per sterminarli.

Durante il conflitto la chiesa venne incendiata e, come detto, in seguito ricostruita. Proprio qui, nel sotterraneo della chiesa, vennero seppelliti i rivoltosi e ancor oggi sono visibili, sotto teche di vetro, alcuni teschi.

Testimonianza della rivolta è data anche dalle pareti costellate dai fori dei proiettili delle spingarde spagnole.