Indirizzo: via San Biagio dei Librai, 8
Metro: linea 1, stazione piazza Dante-stazione Toledo-stazione Università
Questo antico palazzo nobiliare sorge a ridosso di quello che costituisce l’antico nucleo urbano della città, largo Nilo, dove la statua del fiume egiziano lì collocata da una colonia di mercanti Alessandrini ha finito, nel tempo, con l’essere identificata con la città stessa, come “corpo di Napoli”, altro nome con cui è conosciuta la piazza.
L’edificio sorge, dunque, sul tratto più stretto di via San Biagio dei Librai, nel reticolo di decumani e cardini, che rappresentano una stratificazione molto articolata testimoniando la presenza di valori storici ed architettonici di straordinaria importanza e densità.
La sua costruzione viene comunemente attribuita dagli storici a Giovan Francesco di Palma, genero e allievo dell’architetto Giovanni Donadio, detto il Mormando, in quanto entrambi si occuparono dell’edificazione di numerose opere architettoniche concentrate proprio lungo i decumani e i cardini.
L’edificio è ricordato nelle cronistorie perché qui vi nacque, nel 1476, Gian Pietro Carafa che, nel 1555, salì al soglio pontificio col nome di Paolo IV.
Successivamente, il palazzo venne acquistato dal marchese di Alfedena, Antonio Gattola.
Dal punto di vista architettonico, la facciata, in pietra vulcanica, presenta dei caratteri cinquecenteschi, mentre il basamento è di epoca precedente.
Le finestre sono ritmicamente scandite da lesene terminanti nello straordinario cornicione che rappresenta la caratteristica peculiare del palazzo, essendo il più lungo di tutta Napoli, costituito da una fitta sequenza di monoliti di piperno, sagomati a mensola e aggettanti per un metro e mezzo dalla facciata su Spaccanapoli.
Questo palazzo, che conservava opere d’arte di inestimabile valore fu purtroppo distrutto nel 1943, quando nel porto di Napoli la nave da trasporto “Caterina Costa” esplose causando la caduta di numerosi rottami infuocati sui tetti di molti palazzi storici cittadini, non risparmiando neppure Palazzo Carafa dei conti di Montorio, distruggendo in questo caso buona parte dei solai dei piani superiori e determinando, appunto, la perdita del suo inestimabile patrimonio pittorico.
Solo le pareti perimetrali rimasero miracolosamente intatte. All’interno del chiostro della Chiesa di Santa Maria di Monteverginella, in via Paladino, che dista pochi metri dal Palazzo sono ancora visibili frammenti dell’ancora della nave.
Il palazzo è stato messo in sicurezza dal punto di vista statico e parzialmente restaurato dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici di Napoli che ha ricostruito la copertura e consolidato il cornicione, reso ancora più pericoloso da un incendio scoppiato nel 1942 che causò il crollo del grande tetto e di tutti i solai interni.