Indirizzo: via San Biagio dei Librai, 114
Metro: linea 1, stazione piazza Dante-stazione Toledo-stazione Università
Orari di apertura al pubblico: sabato, dalle 9,00 alle 19,00/domenica dalle 9,00 alle 14,00.
La Napoli del Cinque-Seicento assiste ad un’enorme crescita del tessuto urbano che si va sempre più conformando intorno allo spazio sacro: sono circa 500 le chiese presenti in città, molte delle quali legate a monasteri, conventi, conservatori, banchi e monti di pietà, nati allo scopo di contrastare e combattere l’usura.
Al centro della struttura urbana, un popolo gravato da dazi e gabelle, abbandonato alla miseria e privo di qualsiasi politica assistenziale che possa risollevarlo dalla precarietà in cui è costretto a vivere. È proprio in questa scia di fervore spirituale che a opera di molti gentiluomini e cittadini benestanti vanno moltiplicandosi i “luoghi pii della solidarietà”, i cui intenti sono, naturalmente, di ordine morale e religioso. Di questi luoghi e questi gentiluomini sono testimonianza il Monte della Pietà con annessa Cappella voluti, nel 1539, dall’opera caritatevole di Aurelio Paparo, Gian Domenico di Lega e Leonardo di Palma Castiglione che intesero, con l’istituzione di questo ente, concedere prestiti gratuiti su pegno alle persone bisognose.
In origine, il Monte della Pietà aveva sede nella casa del di Palma, in via della Selice, presso l’antico quartiere della Giudecca, nei pressi dell’attuale piazza Nicola Amore. Nel 1544 il Monte acquistò, poi, un piccolo locale nel cortile della Casa Santa dell’Annunziata, sita nell’omonima via del quartiere Forcella e qui rimase fino al 1592, anno in cui prese in affitto il palazzo dei duchi d’Andria Carafa in piazza San Severino per poi, nel 1597, acquistare – per l’ormai insufficienza di spazio – un palazzo di proprietà di Delizia Gesualdo, vedova di Girolamo Carafa, sito nel cuore del Decumano Inferiore, in via San Biagio dei Librai, che fu poi demolito e ricostruito su disegno dell’architetto Giovan Battista Cavagna. I lavori terminarono nel 1599, come indicato su un’iscrizione posta sul portale, e furono affidati, appunto, all’architetto Cavagna che si avvalse della collaborazione di Giovan Giacomo Conforto e Giovan Cola di Franco, che realizzarono il palazzo e l’annessa cappella in stile manierista.
Varcato l’ingresso, si accede all’atrio, suddiviso in sei campate e, da questo, al cortile sul quale si affacciano diversi portali e la bellissima ed elegante Cappella.
Il portale, con elementi a bugne, di ordine dorico, reca nella trabeazione tre triglifi che creano due spazi vuoti nel fregio e nei quali sono inserite due iscrizioni che ne ricordano l’intento, “Gratuitae Pietatis Aerarium in Asilum Egestatis Praefectis Curantibus” (“Ai prefetti che si adoperarono con disinteressata pietà dell’erario e dell’ospizio ai poveri”) e la data di inizio costruzione, “Philippo III Rege Henrico Guzm Olivares Com. Pro Rege A. Sal. MDIC” (“Sotto il governo di Filippo III e del viceregno di Enrico Guzman Olivares nell’anno del Signore 1599”).
Il palazzo fu risparmiato dall’incendio del 1647 appiccato durante la rivolta napoletana di Masaniello, ma fu tuttavia colpito dal fuoco nel 1786 determinando, per il Monte di Pietà, la perdita dell’archivio e di alcuni oggetti pignorati. Solo la cappella non subì alcun danno.
Quest’ultima reca, ai lati del portale d’ingresso, due nicchie in cui sono ospitate due statue di Pietro Bernini, la Carità e la Sicurezza, arricchite da due epigrafi testimonianti il servizio e la missione del Monte.
Nel timpano di forma triangolare è una Pietà, realizzata nel 1601 da Michelangelo Naccherino con due angeli, opera di Tommaso Montani, risalenti al 1603 e al 1614. Gli interni della cappella, un piccolo gioiello artistico di gusto manieristico, sono decorati a stucco dorato mentre la volta è impreziosita da affreschi di Belisario Corenzio, oltre a una tela di Ippolito Borghese e una iniziata da Girolamo Imparato e terminata da Fabrizio Santafede, autore anche della Deposizione dietro l’altare maggiore.
Nel vano che precede la sagrestia si trova il sepolcro del cardinale Acquaviva, opera del 1617 di Cosimo Fanzago, laddove la sagrestia è abbellita da allegorie su decorazioni in oro e, sulla volta, da un affresco di Giuseppe Bonito.
Nella sala detta “delle Cantoniere”, per la presenza di quattro raffinati mobili in legno intagliato, con pavimento maiolicato e affreschi, sono alle pareti i ritratti di Carlo III di Borbone e di Maria Amalia di Sassonia, oltre a una magnifica Pietà in legno di ignoto maestro napoletano del tardo Seicento.
Infine, sul lato destro del cortile, alcuni ambienti conservano ed espongono la collezione del Banco di Napoli, con una ricca raccolta di dipinti, arredi e oggetti di arte sacra risalenti al Sei-Settecento.